Un prodotto tanto famoso quanto confuso con altri, in primis la pancetta. Ma, attenzione perché la vera pasta all’amatriciana si fa solo con il guanciale! Che cosa rende questo derivato del suino, secondo noi, buonissimo? Scopriamo insieme la sua storia e la sua lavorazione.
Il Guanciale Amatriciano viene prodotto nel territorio dei comuni di Amatrice, Accumuli e Campotosto, i primi due in provincia di Rieti, il terzo invece in provincia del L’Aquila: quindi viene dall’accezione ampia della Sabina, coincidente con un’area compresa tra Lazio, Umbria e Abruzzo.
Si tratta di un prodotto tipico della Sabina stessa, di un prodotto storico: le testimonianze orali delle famiglie del posto ci parlano di un cardine della vita dei pastori, i quali, durante la transumanza e i duri mesi di vita solitaria in montagna con il bestiame, dovevano recare con sé alimenti di trasporto e conservazione facili, e quindi acqua, farina, guanciale e pecorino. Con i primi due facevano la pasta, i secondi due la condivano in quella amatriciana in bianco (la cosiddetta Gricia) progenitrice dell’attuale, che aggiunge il pomodoro. Un piatto unico, energetico e calorico al punto giusto, adatto a una vita fredda e di lavoro duro.
Il guanciale viene dalla gola di suini nazionali, tagliata a forma di triangolo. Quello che fornisce il sapore e la consistenza è la salagione, che avviene utilizzando sul taglio sale, o zucchero, o aglio, o tutti e tre. Questa operazione può essere condotta sia a secco sia in salamoia e durante questa fase la carne può essere massaggiata dagli addetti più volte.
Questo periodo varia dai tre giorni ai quindici ed è seguito dalla speziatura, effettuata con pepe o peperoncino. È qui che il sapore, già piuttosto deciso, prende ulteriormente carattere.
Infine, appeso in verticale con dello spago, il guanciale viene lasciato alla stagionatura, che dura minimo trenta giorni dalla prima salagione. Durante questa fase, al contrario di quanto accade per il Prosciutto Amatriciano IGP, è consentita l’affumicatura, che deve comunque seguire regole precise e può avvenire esclusivamente con essenze vegetali. Procedimenti e tecniche che, certamente, si sono modernizzati ma che, sostanzialmente, rimangono gli stessi che nei secoli hanno seguito le famiglie contadine, e che devono essere rispettati rigorosamente, perché quello prodotto possa essere chiamato Guanciale Amatriciano.
Al taglio, il guanciale è compatto, con una parte grassa, di colore bianco, piuttosto estesa, e una magra, di colore rosa intenso.
Attualmente, il Guanciale Amatriciano è inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari tradizionali della Regione Lazio e della Regione Abruzzo. Inoltre, si fregia del marchio De.Co. emanato dal Comune di Amatrice: la Denominazione Comunale si riconosce da un bollino tondeggiante, dal colore dorato, che riprende le fattezze di una moneta del XIV secolo, in cui è riportata l’immagine di un cavallo, lo stemma di Amatrice, e il motto Fidelis Amatrix. Anche il piatto tipico di cui è l’ingrediente principale e maggiormente caratteristico, ovvero il sugo all’amatriciana, ha il medesimo bollino, se preparata secondo le regole tradizionali.
Speriamo davvero di dire un’ovvietà, quando affermiamo che l’amatriciana si prepara con il guanciale! Una bestemmia culinaria è infatti sbagliare i cardini di questo piatto, a pieno titolo nella tradizione gastronomica del Lazio, come il parmigiano al posto del pecorino, o, appunto, la pancetta al posto del guanciale.
La storia del piatto è semplice quanto l’elenco dei suoi ingredienti: come accennavamo prima, nasce dalla necessità dei pastori di nutrirsi in condizioni proibitive, e di usare alimenti che si conservassero per molti mesi. I pastori erano soliti usare la versione bianca, la cosiddetta Gricia, mentre l’introduzione del pomodoro è arrivata nel XVII secolo.
Padella di ferro, proporzioni precise tra pasta e guanciale, pomodori pelati Sammarzano e un’abbondante spolverata di pecorino: a tavola, si serve ancora l’amatriciana!
Amatriciana o matriciana: qual è la corretta denominazione?
Chiamare quel piatto di pasta al pomodoro con il guanciale croccante e quella spolverata di bianco pecorino amatriciana o matriciana esula dalla semplice questione ortografica. Scegliere l’uno o l’altro significa scegliere una tradizione.
La diatriba, piuttosto annosa, è tra Roma e Amatrice: annoverare il piatto nella cucina romana significa dimenticare che furono i pastori reatini a portare, con la transumanza, la conoscenza di questi piatti nelle campagne romane, come rivendicano, orgogliosi, dalla Sabina.
Dal canto loro, i romani sostengono che quest’occasione di incontro fece sì che i pastori conoscessero quella che era in realtà una ricetta romana, chiamata matriciana, nome forse derivante dalla matrice, ovvero il marchio posto sulla guancia del maiale, o dai matara, ovvero i vasi in cui era contenuto il sugo. L’unica cosa su cui, al riguardo, romani e amatriciani sono d’accordo è che ci si mette il guanciale!
Amatrice (RI) |
Accumoli (RI) |
Campotosto (AQ) |
Pasta con sugo all’Amatriciana |
De.Co. (Denominazione Comunale di Origine) |
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