L’olio extra vergine di oliva in Sabina è un prodotto tipico, di cui noi sabini andiamo davvero fieri. Ecco perché non poteva mancare in questa terra un Museo dedicato all’olio. Ma, attenzione, non stiamo parlando di un museo qualunque. Se vi aspettate di trovare in mostra oggetti, strumenti e macchinari che ruotano intorno all’olio vi sbagliate di grosso. A noi, la visita al Museo dell’Olio della Sabina ha davvero stupiti… e speriamo possa essere così anche per voi!
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Quello della Sabina è stato il primo olio extra vergine di oliva italiano a fregiarsi della a Denominazione di Origine Controllata. Un prodotto così buono, così prezioso, da meritare addirittura un museo.
L’olio extravergine d’oliva Sabina DOP è un olio vellutato, corposo, aromatico e vellutato, con note fruttate, di un giallo oro, cangiante con i suoi riflessi verdi. Viene prodotto, secondo un apposito disciplinare, a partire dalle varietà di olive tipiche della zona, in un terreno calcareo e permeabile, il cui raccolto deve avvenire necessariamente tra il 1° di ottobre e il 31 di gennaio.
Come riconoscerlo presso gli esercenti? Il Consorzio Sabina DOP, l’ente preposto al controllo e alla verifica dei requisiti del prodotto prima della sua commercializzazione, ci fornisce le etichette che il consumatore può trovare sulle bottiglie: olio extravergine di oliva sabina DOP oppure olio extravergine di oliva sabina denominazione di origine protetta.
Dedichiamo all’olio un museo. Ma che cos’è un museo?
Sicuramente abbiamo reso l’idea di un prodotto fantastico, a ben titolo protagonista di un museo. Ma che cos’è un museo? La parola museion fu coniata nel mondo greco per indicare un luogo dedicato alle Muse. Le nove dee, figlie di Zeus, il padre di tutti i numi, e di Mnemosine, la dea della memoria, erano preposte a tutte le arti, e quindi al canto, alla danza, alla poesia. All’epoca erano dunque luoghi di ritrovo degli eruditi, degli studiosi che si riunivano e discutevano.
Nell’Umanesimo quattrocentesco, nell’ambito di una sempre crescente nostalgia verso gli ideali di perfezione e cultura classiche, il termine viene ripescato e viene usato per definire le collezioni di oggetti antichi e artistici che i ricchi e i nobili del tempo esibivano nelle loro sontuose dimore. E se gli Uffizi e il British Museum sono di poco anteriori, dobbiamo attendere la Rivoluzione Francese per arrivare al moderno concetto di museo, quando gli ideali di fratellanza e uguaglianza vanno a permeare anche quel settore finora ritenuto per pochi: tutti gli uomini hanno diritto di godere delle opere artistiche prodotte dall’uomo nella sua storia.
Ad oggi, ricercare una definizione di museo non è così semplice come sembra: è peraltro in corso un dibattito nel mondo accademico, tra gli esperti di museologia, i direttori di Musei, gli addetti ai lavori che stanno ricercando una nuova, e più adeguata ai tempi moderni, definizione di museo. Ma non sbagliamo di certo se, rifacendoci a quanto propone ancora oggi l’Enciclopedia Treccani in merito alle funzioni svolte da questi luoghi della cultura: oltre alla conservazione e all’esposizione di oggetti di particolare valore storico, artistico, antropologico, i musei mirano “allo studio di tali oggetti, al fine di ricostruirne la storia e i significati […] affinché il pubblico possa osservare, capire e ammirare tali oggetti”.
L’olio non è solo un prodotto agricolo, un condimento, un sostituto del burro. L’olio è sicuramente tutto questo, ma perché questo nasca, alla sua origine, rimane una cultura, una serie di nozioni, di competenze, di tecniche, che nella nostra Sabina arrivano a tempi remotissimi, a prima dei Romani.
L’olio Sabino, secondo Galeno, medico di origine greca del II secolo d.C., era il migliore del mondo, ma era nel mondo già da un bel po’. Ad oggi, radici concrete di una tradizione millenaria sono quelle degli ulivi maestosi di Palombara Sabina e Canneto Sabino, giganti buoni che stanno lì a ricordarci che l’olio, qui, c’è praticamente da sempre.
Pensare alla storia dell’olio significa mettere insieme la storia dei popoli che qui hanno vissuto, immaginare le loro abitudini, la vita nei campi prima che la raccolta e la spremitura delle olive venisse meccanizzata e accogliesse le migliorie dettate dalla modernità. E qui, il Museo dell’Olio, inaugurato nel 2001 a Castelnuovo di Farfa, vi stupisce.
L’olio, protagonista nelle sale e nel percorso del museo, viene letto da una serie di scultori e artisti contemporanei, in tutti i suoi molteplici significati simbolici. Ospitata da un’ala del Palazzo Perelli, di fattura cinquecentesca, l’esposizione parte dal mito dell’olio: tra le prime opere esposte, figura l’Albero del Poeta della celeberrima scultrice Maria Lai (1919 – 2013). E qui, un albero presenta delle fronde su cui viene riportata l’antica favola dell’albero che, rimasto ormai solo, rimase strenuamente deciso a ripopolare il mondo di alberi e poeti.
Proseguendo, Frammenti di fonderia di un’opera incompiuta di Alik Cavaliere (1926 – 1998). Tale nome deriva proprio dalla sua incompiutezza, Cavaliere morì prima di portarla a termine, e, se la sua arte è consegnata all’eterno, lo si deve alla drammatiche imprevedibilità e brevità della vita umana.
Questa precede Ulivo Viaggiante di Hideotoshi Nagasawa (1940-2018): l’opera dell’artista giapponese è in rame, un albero proteso dal soffitto costituito da una volta stellata.
Al piano superiore, invece, attende il visitatore la maestosa Oleophona di Gianandrea Gazzola (1948). Da alcuni gocciolatoi scendono, lente, delle gocce di olio: il fluido dorato va a cadere in quattro cilindri di rame, creando un rumore che è musica. Nella sala di fianco, perché l’opera è divisa, appunto, in due sale, un tronco centenario d’olivo, agganciato a un perno, ruota costantemente, mentre delle bacchette intorno tambureggiano delicatamente. Un’opera d’arte che è anche strumento musicale, che produce quella che viene definita la voce dell’ulivo.
Il percorso museale prosegue con una sala didascalica sulla pianta dell’ulivo e le tecniche dell’olivicoltura, e infine con la Sala della Memoria. Qui, l’olio è raccontato da filmati e racconti orali dei castelnovesi, o forse sono loro che sono raccontati dall’olio, chi può dirlo. Certo, dopo il suono, la musica prodotta dall’opera di Gazzola, l’immersione nei canti dei contadini al lavoro nei campi crea una continuità di sensazioni avvolgenti.
Infine, un percorso guidato porta nella campagna, fino a un frantoio settecentesco, perfettamente conservato, e fino alla chiesetta di San Donato. Si tratta di un edificio di culto di epoca altomedievale, e intorno al quale si era formato il primo nucleo abitato di quello che un tempo era chiamato Castellum Novum.
Non è solo Castelnuovo ad aver pensato ad un proprio museo dell’olio: varie realtà similari fioriscono nei luoghi maggiormente votati all’olivicoltura. Molto conosciuti a livello nazionale, per esempio, sono i tre musei umbri, rispettivamente il Museo della Civiltà dell’Olivo di Trevi, il Museo dell’Ulivo e dell’olio di Torgiano e il Museo dell’Olio Bartolomei a Montecchio. I primi due sono in provincia di Perugia, il terzo in quella di Terni. Vista la vicinanza geografica, un “oleo-tour” potrebbe essere l’idea per una vacanza rigenerante e in cui l’enogastronomia si sposi con interessanti spunti culturali.
In un luogo come Castelnuovo di Farfa, in una regione storica come la Sabina, era alquanto facile fare un museo dell’olio, in cui esporre, magari con qualche pannello didascalico, gli strumenti, come i torchi, di qualche secolo fa. L’operazione che qui viene condotta è più profonda, e non si ferma a conclusioni facili e banali. L’olio diventa un simbolo, attraverso cui rileggere la Storia dell’umanità, non quella di un popolo, ma di tutti i popoli del mondo: non è dunque un caso se, intorno a San Donato, è stato creato un rigoglioso giardino con tutti gli ulivi del mondo.
Esemplificativo, certo, delle varietà di ulivo presenti in altre parti del mondo, ma il suo intento didascalico si fonde, ancora una volta, e con un’ultima trovata, in un più alto valore allegorico, di richiamo all’uguaglianza e alla pace tra gli uomini. D’altronde, la colomba bianca di biblica memoria, non reca forse nel becco un ramoscello di ulivo?
Viale Regina Margherita-Palazzo Perelli – 02032
Castelnuovo di Farfa (RI)
Museo dell’Olio della Sabina 3468187972 ( Contattami su WhatsApp )
Regione: | Lazio |
Provincia: | Rieti |
Comune: | Castelnuovo di Farfa |
Abitanti: | Castelnovesi |
Residenti: | 1.066 |
Indirizzo Comune: | Via Perelli, 7 |
CAP: | 02031 |
Latitudine: | 42.231992 |
Longitudine: | 12.743093999999928 |
Telefono: | 076536131 |
Email: | Scrivi al Comune |
Sito Web: | Visita il sito del Comune |
Santo Patrono: | San Nicola |
Ricorrenza: | 06 dicembre |
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