Una storia antica, che si perde nel tempo tanto da non poter stabilire con precisione una data di nascita; un luogo di provenienza unico, di grande pregio naturalistico; un futuro incerto, minato dall’imitazione sfrenata; solo due produttori autorizzati: parliamo oggi della mortadella di Campotosto, nota anche come coglioni di mulo.
Sembra una domanda facile, la cui risposta è già contenuta nel nome: a Campotosto, in provincia de L’Aquila. Un piccolo borgo, l’unico in cui si produce questo salume, tanto più piccolo se si pensa che sono solo due, attualmente, i produttori autorizzati che se ne occupano. Siamo in Sabina, quasi al confine con il Lazio, a 1420 metri di altezza sul livello del mare nei Monti della Laga, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, sul lago che dal borgo prende il nome. Il microclima è particolare, l’aria è tersa e pulita, e il prodotto se ne giova moltissimo, visto il periodo di stagionatura fatto direttamente all’aria aperta. I salumi, qui, hanno il sapore dell’aria di montagna!
Abbiamo parlato, non a caso, di salume, quando un consumatore minimamente esperto del banco della gastronomia del supermercato avrebbe pensato, in riferimento a una mortadella, a un insaccato. Qual è la differenza tra i due termini? Partiamo da una precisazione: mortadella, prosciutto, bresaola, culatello, salame sono tutti salumi, ovvero preparati a base di carne, cruda in alcuni casi, cotta in altri, non solo suina, lavorata con sale e spezie, soprattutto sale, vista la loro natura di carni conservate. Poi, questi possono essere insaccati o non insaccati. I primi sono avvolti da un involucro, una sorta di pellicola di origine naturale o sintetica, contrariamente ai secondi: è questo aspetto a determinarne l’appartenenza all’una o all’altra categoria. Il prosciutto è un salume non insaccato, la mortadella è insaccato. Allora, perché la mortadella di Campotosto è considerata un salume non insaccato?
La produzione della mortadella di Campotosto viene avviata in autunno, per essere pronta in inverno. I tagli di suino pesante usati per produrla sono la spalla, il collo, il lombo, la coscia, la pancetta, e sono scelti rispettando un equilibrio tra parte magra, che deve essere predominante, e parte grassa, solitamente pancetta, macinati insieme. La proporzione è molto rigida, e segue regole inderogabili.
Dopo la macinatura, molto fine, che può essere fatta anche a più riprese, segue la speziatura, che viene effettuata con sale, pepe e un trito di spezie la cui miscela è segretamente custodita dai depositari della tradizione. Dopo una o due notti in casse di legno – il legno ha il potere di assorbire la prima umidità – gli addetti cominciano a dare forma alla mortadella, ognuna di 333 grammi, e in questa viene inserito il lardello, un piccolo parallelepipedo di lardo di 10 centimetri, a pressione, sul quale viene richiusa la carne. La funzione di questo lardello non è solo quella di dare gusto, ma anche quella di rendere morbida la carne per lungo tempo. Quest’ultima deve aderire perfettamente al lardello, non ci devono essere vuoti di aria, e per questo la macinatura deve essere a grana estremamente fine – da qui, la necessità di ripeterla per più volte. Il tutto con molta attenzione a eliminare i grumi che eventualmente si siano formati.
Infine, la mortadella viene avvolta in un budello di origine naturale, cucito a mano con ago e filo: ecco una prima risposta ai nostri dubbi, non si tratta di un insaccato perché la mortadella di Campotosto viene letteralmente “vestita”, avvolta da questa sottile pellicola. Le mortadelle vengono quindi legate con spago a due a due e tenute in verticale esposte al fumo di un camino dove ardono ceppi di faggio e quercia, quindici giorni.
Seguono non meno di due mesi di stagionatura in locali predisposti, dove l’aria della montagna invernale, fredda e pungente, aiutano l’essiccatura e conferiscono quel sapore unico, intenso e pieno. La lavorazione, considerando tutti gli step, dura circa tre mesi.
Tutto viene fatto ancora rigorosamente, a mano, nel rispetto di quelle che erano le fasi di lavorazione così come si trasmettevano oralmente le famiglie contadine sin dal Medioevo. Infatti, la sua origine è talmente antica da perdersi nel passato, da non poter essere individuata precisamente, a causa soprattutto dell’assenza di documenti scritti al riguardo.
Le prime testimonianze scritte risalgono alla fine del Settecento. Quello che è stato ricostruito con buona sicurezza è che le mortadelle fossero il frutto della corvée comunitaria a cui i contadini del paese dovevano assolvere in vista della Pasqua.
I contadini non avevano certo le moderne trafile di cui oggi i produttori si avvalgono, e pestavano il tutto nel mortaio: i salumi più pregiati erano fatti con questo metodo. Si chiama mortadella più per rispettare la tradizione che per altro, visto che al taglio somiglia molto di più a un salame: la fetta è soda, rossa e compatta, e il lardello si staglia nettamente al centro con il suo bianco pallore.
I produttori di questo salume lamentano un’eccessiva imitazione, lo definiscono spesso come “il salume più imitato d’Italia” e amareggiati riconoscono che, forse, questo è nato dalla vecchia, pittoresca denominazione coglioni di mulo. Un soprannome triviale e goliardico, nato dall’usanza di appendere le mortadelline a due a due in verticale, e dalla forma ovoidale delle stesse, a ricordare i genitali del mulo, probabilmente nato quando questo tipico prodotto sabino arrivò nei mercati di Roma.
Questa simpatica nomea, però, ha permesso che prodotti dalla foggia molto simile prendessero piede in tutta Europa; solo la forma li accomuna, vista la presenza di additivi, conservanti, o di budelli di natura sintetica, o la mancanza di lavorazione artigianale – tutte le caratteristiche che rendono la mortadella di Campotosto qualcosa di totalmente differente. Le norcinerie di tutto il mondo sono piene di salumi di forma ovale che pendono dal soffitto, a due a due, ma questi prodotti industriali, alla prova dell’assaggio, non possono certo competere.
Per preservare questa alterità, è nato un Presidio Slow Food, volto a disciplinare con severa precisione quali caratteristiche fanno di un salume una mortadella di Campotosto. Gli attuali due produttori autorizzati, che mantengono viva la tradizione, hanno preferito abbandonare quel soprannome che ha reso celebre il prodotto, ma che lo ha pure esposto a una così sistematica imitazione. I consumatori saranno meno disorientati, e comprenderanno a chi rivolgersi per ottenere il prodotto originale, sempre che sia quello che cercano.
Per quanto riguarda il prezzo, le originali Mortadelle di Campotosto non vengono vendute al chilo, ma a coppia, e il prezzo oscilla tra i 16 e i 20 euro.
Come mangiarla? Come antipasto, servito a fette, o, perché no, a simpatici cubetti sul tagliere, affiancato a formaggi e altri salumi della zona. L’apporto di proteine e grassi è notevole, quindi rappresenta una valida opzione anche per un secondo veloce, accompagnato da verdure fresche di stagione e pane casareccio.
L’abbinamento che esalta le mortadelline è anche con il miele, la mostarda, il vino rosso. Un inaspettato e gustoso risultato si ottiene invece dall’accostamento con la marmellata di fichi, o con la frutta in generale, come suggerito dal Presidio Slow Food.
Campotosto (AQ) |
Presidio Slow Food |
Curiosità, personaggi famosi, esperienze e tutto quello che c'è da sapere per visitare al meglio la Sabina
A Cicignano, appollaiato su una collina a quasi 300 metri di altezza, rumori e stress diventano un lontano ricordo
Leggi TuttoTre modi di vivere l'autunno in Sabina: trekking, foliage e sagre
Leggi TuttoUna storia di sangue e crudele efferatezza. La storia del Mostro di Nerola è impressa nella memoria collettiva degli italiani.
Leggi TuttoNell'ultimo anno, la tendenza è stata quella di un ripopolamento dei borghi sabini grazie alla possibilità di lavorare ovunque
Leggi TuttoUna selezione di eventi che si svolgeranno in Sabina nei prossimi giorni